Conosciamo meglio il “Gabbiano” Stefano Angeleri, calciatore rimasto nella storia dell’Atalanta anche poi una volta terminata la carriera agonistica
Nato il 26 agosto del 1926 a Castellazzo Bormida, in provincia di Alessandria, Stefano Angeleri intraprese la carriera calcistica giocando nelle serie minori dei campionati dilettantistici piemontesi. Ottimo centrocampista dotato di una buona visione di gioco e aggressivo in marcatura, non passò inosservato alle “grandi” e, grazie al suo immenso talento, arrivò nell’olimpo dei migliori con la Juventus, realizzando 2 reti in 47 presenze e due stagioni.
La definitiva consacrazione arrivò nell’estate del 1949 quando fu ceduto all’Atalanta, una destinazione inizialmente non gradita da Angeleri tanto da far pensare che fosse una sistemazione momentanea. Ma così non fu. Da quella stagione, i colori nero ed azzurro entrarono a far parte della vita del giocatore per non andare più via. Una bandiera per la città di Bergamo che lo ha visto per diversi anni detenere il record per il maggior numero di presenze con la casacca degli orobici (328 e 4 reti in Serie A a cui si aggiungono le 67 comparse con zero gol all’attivo in Serie B, categoria in cui vinse il campionato 1958/1959), per poi essere superato nella stagione 2010/2011 da Gianpaolo Bellini.
Una bandiera per la città di Bergamo
Rimase all’Atalanta anche quando appese i tacchetti al chiodo e divenne allenatore delle giovanili, passando in prima squadra nella stagione 1965-66 a seguito dell’esonero di Hector Puricelli. La salvezza ottenuta grazie al dodicesimo posto fu oro colato, reso ancora più prezioso dagli otto gol di Enrico Nova, vero trascinatore della squadra. Lasciò la città orobica nel ’70 per approdare al Parma A.C, poco rinato sulle ceneri del Parma A.S.. La compagine crociata in Serie D con la speranza di salire ben presto di categoria, ma le difficoltà legate ai risultati e la sfortuna dimostrarono da subito che non sarebbe stata un’impresa semplice.
Giancarlo Vitali, tecnico della precedente promozione con l’allora Parmense, presentò alla società le dimissioni, ma le due parti convennero per un accordo consensuale. La squadra fu appunto affidata a Stefano Angeleri che, con una serie di oltre venti risultati utili consecutivi, ottenne la promozione in serie C. Dopo diverse avventure trascorse tra Modena e Seregno fu chiamato a guidare la Cremonese nel biennio ’76-’78, anni in cui ottenne la promozione in Serie B. Il susseguirsi poi di panchine in società nelle serie minori lo portò a concludere la sua carriera intorno alla metà degli anni ’80. E’ il 31 gennaio scorso quando Angeleri viene a mancare: per Bergamo è una grande perdita.
Stefano Angeleri, lo chiamavano Gabbiano
Tra i tifosi storici di Angeleri c’è chi notò da subito il suo anomalo modo di correre: le braccia lunghe ed allargate come ali gli conferirono l’appellativo di “gabbiano”. Classico centrocampista posizionato davanti la difesa col compito di marcare il trequartista avversario, Angeleri si contraddistinse per una carriera dedita al fair play ed alla correttezza. Mancò di forza e potenza dal punto di vista fisico, furono infatti l’agilità e la destrezza le qualità più evidenti.
Da Torino, Angeleri, non voleva muoversi. Eppure quell’Atalanta di Varglien l’avrebbe voluto a tutti i costi inserire nel proprio organico. Borsone in spalla e tanti sogni nel cassetto, Stefano abbandonò il capoluogo piemontese per trasferirsi nella città che sarebbe diventata poi la sua terra d’adozione. Quella Bergamo che gioiva per i successi dell’Atalanta e che rumoreggiava per lo scandalo legato all’acquisto, da parte di Achille Lauro, di Jeppson per la ridondante cifra di 105 milioni di lire. Con lo stipendio guadagnato sul campo e con una moglie al suo fianco decise di comprare casa e di stanziarsi definitivamente nella città orobica. A 33 anni lasciò il calcio giocato perchè gli fu riscontrato un principio d’infarto: il “gabbiano” smise di volare.